“Conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”: questo è scritto nella legge che nella primavera del 2004 istituì il Giorno del Ricordo.
Per celebrare questa ricorrenza, si è svolta oggi pomeriggio una sentita e partecipata cerimonia presso il Parco “Emanuele De Ermenulfis” dove la Città di Meda nel 2007 pose una targa a ricordo di quanti morirono atrocemente nelle foibe.
Di seguito il testo del discorso tenuto dal sindaco Luca Santambrogio, dopo aver deposto una corona d’alloro:
“Celebrare il Giorno del Ricordo è come accendere una luce in una stanza rimasta al buio per troppo tempo.
Ma quando si decide di aprire le finestre e fare entrare la luce vivace del sole, anziché provare sollievo e godere di una visione più nitida delle cose, sentiamo quasi un senso di fastidio, di annebbiamento. Ci viene d’istinto richiudere gli occhi e abituarci piano piano alla nuova situazione.
La vicenda delle foibe e dell’esodo che oggi ricordiamo a mio giudizio fa questo effetto: abbiamo aperto gli occhi su una verità rimasta troppo tempo nell’oblio, ma è una verità troppo forte, come la luce che ci acceca e che non riusciamo a vedere nella sua complessità e totalità.
E allora mi viene spontaneo chiedermi:
Perché?
Perché questa pagina di storia è caduta nell’oblio e perché, le vicende del popolo istriano non ci hanno coinvolto per molto tempo?
Chi appartiene alla mia generazione, ma non solo, può confermare che nei programmi scolastici al tema delle foibe era dedicata poco più di una citazione, ma nessun approfondimento, nessuna luce che potesse fare chiarezza su una strage che ha colpito e ferito un popolo intero.
E ancora.
Credo che nessuno di voi possa negare che se facessimo un test chiedendo a dei giovani, ma non solo, chi è Anna Frank saprebbero rispondere. Se chiedessimo chi è Norma Cossetto forse ci confronteremmo con molti più silenzi.
E’ un fatto che la Storia la si conosce e la si comprende un pò di più se possiamo leggerla attraverso volti, voci di testimoni che riusciamo a riconoscere, a sentire vicini.
A mio giudizio, manca ancora un racconto capace di portarci nel cuore di quanto accadde ai confini dell’Italia orientale.
Perché così tanti anni senza un ricordo? Cosa dobbiamo pensare? Che i martiri della shoah siano più importanti dei martiri delle foibe?
Assolutamente no. Però penso che mentre verso la Shoah il racconto e il riconoscimento dei testimoni è stato uno degli strumenti con cui si sono composti i tasselli della memoria, per la Giornata del Ricordo dobbiamo ancora lavorare tanto.
Parliamo di Giornata del Ricordo... in realtà è proprio il ricordo che manca, che va costruito, tassello dopo tassello. Perché per ricordare dobbiamo conoscere.
Mentre le storie, i racconti delle deportazioni sono diventati parte del patrimonio della memoria collettiva, le storie degli esuli ed infoibati ancora non sono pienamente nostre. Come se ci mancasse ancora un pezzo per sentire e fare nostro quel dolore e quella disperazione.
Ieri, come Provincia, abbiamo ospitato in una diretta facebook tanti testimoni, tra cui Pietro Antonio Cierlienco che ringrazio, che ci hanno regalato un pezzo della loro vita, ma abbiamo colto ancora un pudore a raccontarsi del tutto e in qualche caso abbiamo sentito ancora, forte, la rabbia. Qualcuno si è lasciato andare a dichiarazioni dettate dal sentire ancora sulla pelle un passato che non è ancora risolto, soprattutto da parte di chi lo ha vissuto.
E allora credo che sia qui che dobbiamo essere presenti noi come Istituzioni.
Dobbiamo impegnarci a continuare a celebrare questa Giornata anche come occasione per elaborare un lutto che non appartiene solo ad una parte di italiani, ma a tutti noi, indistintamente. Un lutto che è ancora li che punge e che deve portarci a volere conoscere le vittime, avere voglia di ascoltare, conoscere, comprendere.
Questo dobbiamo fare: tenere la luce accesa finché smette di darci fastidio ma ci aiuti a vedere con chiarezza.
Oggi ho letto un interessante pezzo del giornalista Toni Capuozzo, nel quale raccontava la storia di Angelo Adam.
Cittadino fiumano deportato dai nazisti, nel campo di Dachau nel 1943; sopravvissuto al campo, torna a Fiume nel 1945 dove viene prelevato da casa ed infoibato. Angelo Adam era un meccanico di 45 anni, italiano, antifascista ed ebreo.
Da qui capiamo che la loro colpa era quella di essere italiani.”
Il Sindaco Luca Santambrogio,
Meda 10 febbraio 2021